Francesca Pasquali e gli studenti dell’Accademia di Ravenna al Mar

Quando un artista si apre al dialogo, raccontando di sé e del proprio lavoro, ci si trova ad occupare uno spazio speciale. Un’altra storia viene narrata, un punto di vista particolare si insinua nel racconto visivo delle opere e ne diventa parte. Storie parallele ma complementari, insomma.
C’è da aggiungere che gli incontri sono intensi quando avvengono entro l’esperienza dell’arte, un fattore di “alta densità umana”. Così è stato venerdì 10 gennaio al Museo d’arte della città di Ravenna quando Francesca Pasquali ha introdotto gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna alla sua personale dal titolo Emblema, a cura di Ilaria Bignotti, per la rassegna Critica in Arte 2013. Grazie, Francesca!

Maria Rita Bentini

Francesca arriva in anticipo all’appuntamento, viene da Bologna, dove è nata nel 1980 e ha frequentato l’Accademia di Belle Arti. È piena di energia nonostante l’ora, ma già a dicembre nel caos festoso dell’inaugurazione aveva risposto all’invito con slancio. Si presenta parlando della sua ricerca artistica:

Parto dall’interesse per la materia. Utilizzo materiali tutt’altro che naturali come cannucce, polipropilene, setole, che sono tutti materiali plastici e polimerici industriali, talvolta di scarto. Sempre però ispirandomi alla natura. Cerco di raggiungere la semplicità attraverso il mio lavoro artistico, che non dice mai “non toccarmi”, ma invece “avvicinati”, “toccami”, “senti la materia”.

La mia ricerca sui materiali tende al recupero di qualcosa già utilizzato, per dare nuova vita agli oggetti, ma non è sempre facile ottenerli e averli in quelle grandi quantità che mi sono necessarie; interpello le aziende (e non tutte sono sensibili a questo tema), li recupero, li ripulisco. Ci sono inoltre materiali nuovi, per me molto interessanti, come il neoprene, morbido e sensuale. Avere quelli che rispondono alle mie necessità spesso non è semplice, per esempio le cannucce con i colori che voglio, quando ne ho bisogno, e tante.

I lavori con le cannucce che vedete fanno pensare agli occhi compositi delle mosche con la loro struttura alveolare, oppure a un fondale corallino, quelli col polipropilene ricordano l’epidermide dei coleotteri. Qualche volta ascolto il pubblico dire cose alle quali non ho mai pensato. Per esempio di fronte ai filamenti di Nero, in neoprene, qualcuno non si è avvicinato, con repulsione, pensando ai vermi, mentre qualcun altro ricordava la molle liquirizia, dolce e profumata.

Per me è fondamentale ogni volta chiedermi “Che cosa vuoi trasmettere?”. La parola chiave è emozione. Voglio offrire stimoli, nuove percezioni, sensazioni sensoriali: visive e non solo, ma tattili o acustiche, come nell’opera più recente in cui ho usato i campanelli, o nei lavori con le cannucce dall’effetto fonassorbente. Voglio creare un mondo naturale/artificiale.

Come lavoro? Le mie opere sono in genere verticali, ma per le loro grandi dimensioni devo lavorare disponendole in orizzontale. Utilizzando lo stesso materiale, per esempio le cannucce, realizzo opere sempre diverse, per colore, per disposizione, per effetto. Sono sempre lavori nuovi, non replico. L’esecuzione richiede tempi lunghissimi e molto impegno. Non parto da uno schema preciso, ma lascio il campo a una certa improvvisazione, pezzo per pezzo. Controllo a distanza, dall’alto, e poi procedo, modifico, correggo. Il mio progetto è all’inizio uno scritto, dove annoto il materiale, poi decido mentre sono all’opera. Un po’ come facevano gli artisti dell’informale o gli Action Painters.
La materia e le sue qualità sono per me il punto di partenza. Cerco materiali industriali, materiali “cromatici”. Serve molto tempo anche per questa progettazione a monte, il fatto cioè di procurami i materiali. Oggi quasi tutti non vengono più prodotti in Italia: per esempio il neoprene si trova in lastre o in filamenti, è prodotto solo in Giappone, così devo fare grandi ordinativi, per tempo. E sono anche materiali molto costosi. Come ho già detto il riciclo dei materiali è ancora più complesso, per le imprese è più semplice lo smaltimento di routine, devo chiedere, cercare un’azienda-sponsor interessata all’arte, e non è facile.

Le proprietà dei materiali sono il punto di partenza. Per esempio le opere con setole: pensiamo alle setole come a un materiale indifferenziato, invece esistono setole sottilissime e morbidissime, oppure più grosse e rigide, in una gamma molto ampia, perché diverse a seconda dell’uso. Vengono tagliate da trance meccaniche, ma anche l’effetto del taglio intacca la monocromia. Il blu allora diventa più chiaro o più scuro per effetto del rilievo, dell’incidenza della luce, a seconda del punto di vista. Anche le cannucce non sono affatto tutte uguali, e non solo per il colore. Sono diverse per diametro, alcune sottilissime, altre grosse. Quando ho iniziato ho avuto presente un gioco d’infanzia, i chiodini colorati che dovevano essere infilati nella tavoletta coi buchi di plastica bianca per comporre qualcosa.

Quanto è stata importante per me la storia dell’arte contemporanea? Molto, e in questo proprio fare l’Accademia mi ha aiutato moltissimo. Ho imparato a guardare gli altri. Guardo e attingo. Guardo e riformulo il mio gioco. L’arte povera, prima di tutto. Pascali e il suo Baco da setola, un artista che sapeva trasformare materiali banali in oggetti magici e divertenti. L’arte cinetica. Ma anche Pollock, come dicevo prima, e poi Manzoni coi suoi bianchi. Negli Achrome prendeva rosette di pane, cotone idrofilo, cose della vita quotidiana, e le trasformava in un quadro.

Il titolo di questa mostra è Emblema. È un titolo che non ho scelto io ma che ha voluto la curatrice Ilaria Bignotti. Rimanda al mosaico, a Ravenna, a questo museo della città che ha in sé una collezione di mosaico contemporaneo e il racconto della storia di questo particolare linguaggio artistico. In effetti il mio lavoro contiene molti aspetti propri del mosaico. Le cannucce coi loro tagli sono tessere, la loro disposizione nello spazio è diversa, creando effetti di rilievo e di profondità variabili. Anche le opere con le setole sono composte come grandi tessere. L’effetto della luce sulla loro superficie incide sul colore, che cambia ogni volta cambiando punto di vista dello spettatore.

Per questa mia personale a Ravenna ho creato Driing, un’installazione interattiva cinetico-sonora fatta di campanellini colorati. L’ho fatta pensando al mosaico e volendo sviluppare l’interazione con lo spettatore. Avete visto che avvicinandoci, scatta il sensore che dà l’impulso di accensione al motore contenuto all’interno, da cui questo rumoroso e improvviso driiiing! In realtà volevo che l’opera fosse collocata a soffitto, come i mosaici che fanno alzare lo sguardo nelle basiliche di Ravenna, ma tecnicamente è stato difficile. L’opera è molto pesante, c’è una struttura che contiene il motore, cuscinetti, e una tela di rivestimento su cui ho manualmente cucito uno per uno i campanelli.
Che sono centinaia, perciò pur se un campanellino è molto leggero, alla fine il peso è risultato nel complesso eccessivo per il soffitto della sala espositiva. Anche le opere con le cannucce sono molto pesanti, e per lo stesso motivo: una cannuccia è leggerissima ma migliaia di cannucce insieme no (in una mia opera ne ho usate 240.000). Dunque i problemi tecnici da risolvere sono tanti nel costruire i miei lavori, così pure l’esecuzione manuale, nel suo insieme, è molto impegnativa. Direi che per queste loro caratteristiche le mie opere sono sculture, o meglio installazioni, ma con un aspetto molto legato all’oggetto che si relaziona allo spazio, dunque alla scultura. Cerco forme pure, geometriche e squadrate, in questo caso, con Driing, ho creato un quadrato ribaltato per cui l’oggetto risulta romboidale, per dare alla forma più morbidezza ed elasticità.

Non delego a nessuno l’esecuzione delle mie opere. Faccio con le mie mani tutto, fin dagli inizi del mio percorso. Adesso qualcuno mi aiuta per l’opera di falegnameria o nel dividere i colori delle cannucce se necessario (le setole invece vengono tagliate meccanicamente perché altrimenti si sfilacciano), ma in ogni modo sono io che creo ogni opera. L’esecuzione è parte della creazione, come ho già detto. Facendo invento il passaggio successivo, scopro un nuovo effetto: il fare non è mai una operazione meccanica e ripetitiva per me, ma creativa. In questo l’Accademia mi ha aiutato molto, perché ho imparato a fare di tutto nei diversi laboratori, come a tagliare i metalli, a saldare. Nelle opere con le cannucce anche le casse metalliche sono fatte da me. Per questo “fare a mano” il mio lavoro d’artista richiede tempo e fatica, e soprattutto molta dedizione, ogni giorno, altrimenti non ci sono le opere.

Cos’ho fatto dopo l’Accademia per diventare un’artista? All’inizio mi sono impegnata a partecipare a tanti concorsi. Qualche volta è andata male, qualche volta no. È fondamentale credere in se stessi. Ho anche avuto la fortuna di essere sostenuta dalla mia famiglia. In questo modo ho cominciato a farmi conoscere, il mio lavoro è parso interessante per qualche giovane curatore, alcuni premi mi hanno dato visibilità e da un’occasione espositiva qualche volta ne nasceva un’altra. Ho poi conosciuto galleristi che hanno apprezzato il mio lavoro, promuovendolo. In questo momento ho un contratto con la Colossi Arte Contemporanea di Brescia e con la Tornabuoni Arte contemporanea di Firenze.

Grazie a loro ho preso parte ad alcune mostre all’estero. Con la Tornabuoni ho esposto a Parigi per Bianco Italia: le mie opere accanto a Fontana, Burri, Castellani, Bonalumi.. una grande emozione per me. Di recente sono stata ad Art Basel Miami Beach. Questa personale di Ravenna è la prima in un museo, ho cominciato a esporre nel 2009 e da allora ho allestito altre personali ma tutte in gallerie private. Bisogna lavorare molto per rispettare gli impegni, essere presenti nelle occasioni del sistema dell’arte anche se io sono timida e preferirei dedicare tutto il mio tempo al lavoro.

Non bisogna farsi prendere da abbagli, pensando di potere arrivare subito e di fare tutto, ma scegliere, riflettere, avere cura dei propri tempi, della propria ricerca. Credere, sempre e prima di tutto, in se stessi.



  • francescapasquali.com
  • Francesca Pasquali. Emblema, a cura di Ilaria Bignotti.
    Critica in arte 2013, 3 critici per 3 artisti, progetto ideato da C. Spadoni
    Museo d’arte della città di Ravenna, dal 14 dicembre 2013 al 12 gennaio 2014