L’Accademia è fin da ora un luogo da curare bene, con una visione verso il 2019 e oltre
«Ho saputo che Ravenna si candida capitale europea della cultura!», diceva qualche sera fa, sorpreso, un amico ravennate che vive a Londra. E aggiungeva, con ironia British: «Do we have any possibilities?».
Anch’io, a dire la verità, quando ho saputo del progetto, ho provato qualcosa di simile. Conosco la velocità contemporanea di capitali della cultura vecchie e nuove in Europa, e niente di tutto ciò scorre a Ravenna. Sento che il suo spazio, nonostante l’espansione a macchia d’olio delle periferie, è ancora quello delle antiche mura bizantine, perimetro di grande metropoli imperiale che nel tempo si è contratta piuttosto che dilatarsi, divenendo meno densa, addirittura riempiendosi qua e là di orti.
E poi l’isolamento: è sempre così difficile arrivare e muoversi da Ravenna e d’altra parte, penso tra me e me, è proprio questa una delle ragioni di elezione a capitale dell’impero, in età tardo-antica. Eppure è esattamente in questo gap la necessità di Ravenna di divenire capitale europea della Cultura 2019.
Ravenna ha bisogno di un cambiamento. Di una grande occasione per darsi l’opportunità di cambiare in fretta, e questo progetto lo è. La candidatura ha l’obiettivo concreto di spostare il nostro sguardo dal passato al futuro.
Un sogno, certo: una città pulsante, attraversata da energie a tutto campo, dove si arriva (e non si parte) perchè si cerca questa dimensione.
Nel mosaico di questa città ci sono alcune tessere incandescenti, come Le Albe, che sono arrivate alla mescolanza totale di arte e vita con il progetto Eresia della felicità adesso a Santarcangelo, oppure altre tessere di punta, come il Festival del Fumetto di Realtà, che ogni anno trova nel mondo le migliori matite che si misurano con conflitti e ingiustizie, e le presenta a Ravenna, o la danza urbana di avanguardia di “Ammutinamenti”, con Cantieri e Anticorpi, che contamina la città, o la straordinaria mescolanza di persone, identità e visioni in cui il Festival delle Culture ogni anno ci trascina.
Ci sono già molte energie contemporanee ma divise tra loro, delle tessere sparse che non creano un sistema strutturato, una rete. Cosa manca? Cosa vogliamo? Cosa bisogna costruire?
La risposta ha inizio da quello che esiste in città e nel territorio trasformato in visione. È una sfida, ma (insisto) una necessità vitale, non una follia. Una scommessa di sviluppo attraverso il capitale della cultura che si giocherà sul terreno di quanto si vorrà cambiare in questi anni, molto prima del 2019.
Proviamo a vedere qual è lo spazio dedicato all’arte contemporanea in città. Ai progetti che ci sono o a quelli che sono stati il motore dello sviluppo di nuove presenze.
Il Museo d’Arte della città promuove ogni anno una grande rassegna a tema, penso a L’artista viaggiatore, un percorso affascinante che concettualmente si fermava alla Boite en valise di Duchamp e storicamente con Ontani (artista consacrato negli anni ’80), in seguito i Preraffaelliti, e quest’anno L’Italia s’è desta, dedicata alle vicende e ai protagonisti dell’arte italiana tra il 1945 e il 1950.
L’attenzione all’arte contemporanea, a lato, si è concentrata in un solo progetto, Critica in arte, da ottobre a dicembre 2010, grazie al quale un critico ha presentato un artista emergente ma già affermato, tre rassegne dedicate alla forlivese Chiara Lecca, ad Alterazioni Video, a Ettore Favini, e il sostegno alla produzione di un’opera.
L’Ufficio giovani artisti del Comune di Ravenna promuove ogni due anni il Concorso RAM, col quale si aggiorna l’Archivio dei giovani artisti e con una mostra più catalogo premia i migliori nelle diverse discipline, dalla pittura la video, dal fumetto alla performance; offre strumenti utili, la rete dei Giovani Artisti Italiani e la Newsletter dell’ufficio.
Quali sono gli spazi espositivi istituzionali per un giovane artista? Quasi niente, chiusa di fatto S. Maria delle Croci, le sale espositive di via d’Azeglio sono assegnate a richiesta, senza una programmazione di qualità. Eppure qualche anno fa ci sono stati progetti e spazi per l’arte contemporanea che hanno valorizzato gli artisti del territorio, facendoli “decollare”.
È successo a Yuri Ancarani nel 2003 con No border, la rassegna che mixava temi, artisti del territorio e artisti di rilievo a livello nazionale o internazionale. Con un corto prodotto dal Mar, Vicino al cuore, la videoinstallazione in via Diaz, Dodici chilometri per sentirti lontano, e i lavori presentati a S. Maria delle Croci, Ancarani è stato lanciato nel panorama nazionale, e con lui qualcun altro (Shoggot alias Daniele Pezzi e diversi i giovani fotografi del progetto Ravenna Viso-in-giù), selezionati da Scotini per Villa Croce, Genova 2005, e altre rassegne.
D’altra parte non ci sono gallerie private che sostengano il mercato dell’arte contemporanea in città, anche con la neonata AMarte e l’attività in ripresa della Ninapì. A contrastare la povertà istituzionale della rete “arte contemporanea” sono nate associazioni con progetti espositivi e culturali e il sostegno delle Politiche giovanili: l’Osservatorio fotografico e Mirada.
Ora lo “sguardo” di Mirada si concentra sul linguaggio del fumetto, in particolare sul Festival Internazionale del Fumetto di realtà, che viene organizzato ogni anno. Da Marjane Satrapi, Joe Sacco e poi molti altri: l’associazione porta in Italia artisti di assoluto livello e promuove con rassegne in Italia i giovani artisti del fumetto. Ravenna Teatro, per una sua naturale permeabilità, ha aperto le porte del Rasi con mostre dedicate al disegno, al fumetto, all’illustrazione, ha affiancato progetti sulla fotografia.
E l’Accademia di Belle Arti? L’Accademia è uno spazio sopravvissuto e poco compreso del contemporaneo in città. Ma presente, da ri-orientare senza incertezze verso il 2019, una candidatura per Ravenna che dà grande spazio al tema dell’educazione. Come dargli più forza, dopo questi tre anni di collaborazione con l’Accademia di Bologna che hanno dato impulsi nuovi e adeguato Ravenna ai contenuti della riforma nazionale delle Accademie?
In questo tempo l’Accademia ha rotto il suo isolamento e unendo diverse energie creative (da Ravenna Viso-in-aria a RavennaMosaico, dal Festival delle Culture a Fabbrica, l’Osservatorio per gli incontri con i maestri della fotografia), ha dimostrato di essere un luogo nevralgico, ricco di potenzialità per la rete del contemporaneo. Indispensabile.
Sono arrivati nuovi docenti (Dusciana Bravura, Alessandra Andrini, Ancarani, Buda), oltre agli altri, tra i quali spicca Guido Guidi. La collaborazione col mondo russo attraverso “Solo Mosaico” sta diventanto importante. Ravenna città candidata per il 2019 dovrà portare all’Accademia senza incertezze il disegno di una nuova sede e di nuovi spazi espositivi nel cuore della Darsena, né abbandonare le ipotesi già delineate. Lo chiedono docenti e studenti. Ma quali gli strumenti dati, adesso, verso il 2019?
Accanto alla centralità del mosaico sono da varare nuovi percorsi di formazione che si legano alle migliori esperienze creative della città, come la scena contemporanea e la fotografia. Quali le risposte?
L’Accademia è fin da ora un luogo da curare bene: con una visione al futuro, 2019 e oltre.