Il ricordo della forma morta di una piramide, o dell’annnullamento della vita quale si manifesta, ad esempio, nei mosaici bizantini, ci dice subito che qui il bisogno di empatia, che per ovvie ragioni tende sempre verso l’organiico, non può aver determinato la volontà artistica. Anzi, si impone l’idea che in questi casi si sia manifestato un impulso diametralmente opposto a quello di empatia, inteso a sopprimere proprio quanto serve ad appagarne il bisogno. Questo polo opposto al bisogno di empatia è a nostro avviso l’impulso di astrazione. Il bisogno di empatia può venir considerato quale presupposto al volere artistico solo ove questo tenda alla realtà della vita organica, cioè al naturalismo nel suo senso più alto. Il senso di felicità che ci è dato dalla riproduzione di un fenomeno vitale organicamente bello, di ciò che l’uomo moderno chiama bellezza, è un appagamento di quell’esigenza interiore di auto attivazione in cui Lipps vede il presupposto del processo di empatia. Nelle forme dell’ opera d’arte noi godiamo di noi stessi. Il godimento estetico è godimento oggettivato di noi stessi. Il valore di una linea, di una forma, consiste per noi nel valore della vita che esse contengono. A dar loro bellezza è soltanto il nostro senso vitale, che proiettiamo in esse per vie misteriose.

  • Egon Schiele