Marshall McLuhan

(Mediamente) è un mass-mediologo celebre per il suo linguaggio metaforico e aforismatico, e per la concezione che i passaggi epocali dipendano dalla tecnologia, che influisce sulla coscienza e la trasforma. Nel suo volume più noto, Gli strumenti del comunicare (un riassunto è su Wikiartpedia, nel capitolo Opere), dedica un intero capitolo alla fotografia -e lo intitola il bordello senza muri…- Ecco in sintesi il suo pensiero al proposito:

  • La fotografia estende e moltiplica l’immagine umana alle proporzioni di una merce prodotta in serie. (pp. 197-8)

McLuhan sottolinea ancora una volta quanto denunciava anche Baudelaire nei suoi strali del 1859: la fotografia sposta la produzione d’immagini dalla sfera unica dell’arte a quella seriale dell’industria.

  • Il settore più radicalmente rivoluzionato dalla fotografia fu quello delle arti tradizionali. Il pittore non poteva più dipingere un mondo tanto fotografato. Passò allora, con l’Espressionismo e l’arte astratta, a rivelare il processo interno della creatività. (p. 203)

Il processo s’avvia probabilmente già  con l’Impressionismo, tanto sensibile a certi aspetti della fotografia, ma a cui risponde con un’esplosione di colore che mancava alla fotografia dell’epoca. Sicuramente da meditare le sue considerazioni sugli effetti della fotografia sul viaggio:

  • La fotografia ha capovolto gli scopi del viaggio, che consistevano un tempo nell’incontro con cose strane e non familiari: il mondo diventa una specie di museo di oggetti che abbiamo già  incontrato in qualche altro medium. Il turista che arriva alla torre pendente di Pisa o al Grand Canyon dell’Arizona può ora limitarsi a verificare le proprie reazioni di fronte a cose che gli sono da tempo familiari e scattare a sua volta delle foto (pp. 207-08)

Resta implicito, ma vedo nel capovolgimento del viaggio un’eco della serializzazione industriale. Non dipende solo certo dalla fotografia -McLuhan punta l’indice anzitutto sull’aereo- ma il viaggio-stampino ha una certa parentela con l’immagine-stampino. Comunque la fotografia è alle origini del “villaggio globale”, come lo chiamò McLuhan quarant’anni fa: le sue immagini, riproducibili ovunque, rendono familiare il globo. A volte persin troppo. Tuttavia McLuhan sottolinea come la fotografia, nel processo di globalizzazione, spicchi per la sua “natura” che denuncia i dissesti del mondo:

  • Vedere una fotografia dei quartieri più poveri della città  ne rende insopportabile l’esistenza. (p. 207)
  • La fotografia cancella le frontiere nazionali e le barriere culturali e ci coinvolge nella Famiglia dell’uomo indipendentemente da qualsiasi punto di vista particolare. (p. 206)