Nanna *
di Nicola Cucchiaro
… E tuttavia in questi segni vitali c’è a sufficienza analogia con i nostri perché possiamo considerar le piante come nostri affini
psichici… Perché non ci dovrebbero essere, oltre le anime che
camminano, gridano, mangiano, anche anime che
silenziosamente fioriscono e spandono odori?
Gustav Theodor Fechner, Nanna o l’anima delle piante
Inserire l’arte contemporanea all’interno del verde di un convento è stata per i giovani artisti dell’Accademia una duplice sfida. La prima, quella di dialogare concettualmente e oggettualmente con la natura pensando a un’affinità psichica; la seconda, quella di inserirsi in uno spazio impregnato storicamente di spiritualità.
Mentre la natura nel periodo invernale dormiva, gli studenti iniziavano a far germogliare idee nel laboratorio fino ad arrivare in sincronia, nel periodo primaverile, con il paesaggio verde e rigoglioso del convento. Queste opere, infatti, sono nate e si completano esclusivamente con lo spazio ospitante del convento.
Un percorso che parte dal coro, unico spazio interno, e attraversa due livelli di giardini. Per delineare questo tragitto, l’atteggiamento mentale è stato quello di mantenere costantemente uno spirito corale nella progettazione e nella realizzazione dei tredici interventi artistici.
Nel coro, che in quest’occasione si è trasformato in cassa acustica del silenzio, la natura si manifesta nelle installazioni attraverso un dialogo con l’architettura. Ed ecco le fotografie di riccioli dorati a ricordo di una decorazione barocca, rosoni di gesso fatti di calchi di frutta secca o piatti in ceramica posti verticalmente, dove stampi di rametti e foglie sostituiscono la pennellata geometrica decorativa.
E poi fuori, nel giardino curato del chiostro e fin giù nel cortile sottostante, il dialogo con il verde si esprime nella ragnatela gocciolante che forma uno strano pizzo, nei disegni scultorei fatti d’intrecci di rami decorati e quelli, schiacciati sotto vetro, di foglie intagliate. Il paesaggio, lo stesso che si contempla dall’alto del convento, è tradotto artisticamente in miniature orizzontali ripetute, come a ricordare un lungo sguardo in lontananza fatto con gli occhi socchiusi. E ancora, bozzoli d’insetti sconosciuti e alieni, fossili verticali di piante ibride, foglie mosse dal vento e bloccate, come da una fotografia istantanea, dalla solidità del gesso. Si sfida la natura anche con il suo opposto, quella generata dalla testa dell’uomo, quella sintetica, la finta erba.
Infine, nel luogo più remoto del cortile, una cascata di blu elettrico a memoria dell’acqua fonte di vita e alberi-tubero dipinti con luce artificiale nel buio di una “pseudo-grotta”. Radici nascoste che ci invitano a pensare anche alla possibilità di un percorso a ritroso, ritornando su in superfice fin verso la fronda dell’albero, il coro.
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